Quando l’eco-cospirazionismo diventa virale

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On Settembre 17, 2014, Posted by , In Notizie, By ,, , With No Comments

di Alessandro Caramis, comitato scientifico Fima

“I governi di tutto il mondo sono in combutta con organizzazioni segrete per inseminare l’atmosfera con scie chimiche, una serie di sostanze chimiche e materiali allo scopo di controllare il clima per scopi militari, avvelenare le persone per il controllo delle menti e sostenere programmi di armi segrete basati sul High Frequency Active Auroral Research Program”.  “Esiste un progetto segreto  USA chiamato Haarp che  dietro la dichiarazione ufficiale di studiare i fenomeni naturali derivanti dall’interazione delle radiazioni solari è in grado di inviare onde radio nella ionosfera capaci di controllare e modificare il clima a scopi militari mediante l’induzione di uragani, terremoti, ondate di siccità, piogge diluviali, colate di fango, tornado, ecc..”. “La campagna sul riscaldamento globale è una gigante mistificazione portata avanti dalle élite politiche e scientifiche del pianeta allo scopo di ridurre la popolazione mondiale e mantenerne la stragrande maggioranza in uno stato di forzato sottosviluppo”.

Queste frasi rappresentano alcune delle più ricorrenti narrazioni cospirazioniste riguardanti l’ambiente e il clima che si possono trovare facilmente sul web. Il complottismo riguardo i fenomeni naturali rappresenta uno dei temi più cercati, diffusi e condivisi nel web 2.0. Un indizio di tale popolarità si può avere da una semplice ricerca su Google Trend nella quale confrontando in Italia gli interessi di ricerca di tre termini: haarp, scie chimiche e cambiamento climatico, si nota un interesse maggiore dei primi sul concetto di cambiamento climatico. Questo dato segnala un calo di interesse verso la tematica del riscaldamento climatico globale oppure è semplice curiosità? Al di là dei numeri la riflessione che vorrei condividere in questo post e capire: quanto e come l’informazione di natura cospirazionista in materia ambientale oggi è diffusa e veicolata al pubblico e come questa possa influenzare l’atteggiamento e le opinioni di questo verso le questioni quali il riscaldamento climatico globale.

Secondo uno studio realizzato da tre ricercatori dell’università del Western Australia (Lewandowsky, Oberauer e Gignac, 2012) pubblicato sulla rivista Psychological Science, «gli accaniti negazionisti del cambiamento climatico tendono ad essere estremi liberisti o teorici della cospirazione ». I risultati di questa indagine mostrano come vi sia una certa correlazione tra chi coltiva una certa fede nel libero mercato, ha un atteggiamento negazionista verso il cambiamento climatico ed al tempo stesso propende a credere di più alle diverse teorie complottiste che spiegano alcuni eventi storici.

I racconti e le narrazioni cospirative rappresentano l’altra faccia della medaglia del negazionismo, ma le conseguenze che generano rimangono sottovalutate. Entrambi, cospirazionismo e negazionsimo, deresponsabilizzano le classi dirigenti, il mondo produttivo e la società civile sull’impatto delle attività antropiche sulla natura e attribuiscono, in una consolante e autoassolutoria attribuzione di colpa esterna, la responsabilità del cambiamento climatico ad oscure e lontane manovre condotte da un gruppo di cospiratori. Ora non sappiamo se i risultati della ricerca dei tre ricercatori australiani possano dare in Italia le stesse conclusioni e non possiamo dire quanto e come nel nostro Paese tali narrazioni influenzano l’atteggiamento delle persone verso il cambiamento climatico. Quello che sappiamo è che il contesto culturale e sociale nel quale l’informazione scientifica ambientale viene veicolata (on-line e off-line) è caratterizzato da un forte analfabetismo funzionale, come rilevato dai recenti dati Ocse del rapporto “Skills outlook 2013”.  In questa indagine il nostro Paese presenta il 47% di analfabeti funzionali, ovvero persone che pur sapendo leggere e scrivere non comprendono bene il senso di un articolo o di un testo e non riescono a collocarlo in un contesto più ampio. Le letture volte alla semplificazione della realtà attraverso schemi interpretativi di più facile interpretazione e gestione per il soggetto costituiscono un effetto dell’analfabetismo funzionale. Secondo Nicholas Carr (2011) nel libro “Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello” la massa di informazioni in arrivo attraverso il web, il telefono, le e-mail sta cambiando non solo il modo con il quale ci informiamo, ma anche quello di pensare e di reagire ed a breve diventeremo tutti superficiali, incapaci di concentrarci per più di qualche minuto o di distinguere una informazione importante da quelle irrilevanti. Le considerazioni espresse in questo libro se non vengono contestualizzate rischiano di apparire semplificatorie e riduttive, tuttavia occorre chiederci: non corriamo oggi il rischio di accettare maggiormente informazioni ambientali semplificatore, artefatte e mistificatorie? rischieremo di non sapere più distinguere un’informazione che parla di scie chimiche da una che resoconti le variazioni climatiche o gli impatti sull’ambiente di un’alimentazione vegetariana?

Senza entrare nella contesa se “internet ci rende stupidi o più intelligenti” o tra “apocalittici” e integrati”, il fenomeno virale dell’eco-cospirazionismo rappresenta una questione che non può essere sottovalutata da chi si occupa di scienza, informazione e divulgazione ambientale. L’informazione scientifica in Italia nell’era del web2.0 rischia di perdere ancor di più la sua complessità e diventare sensazionalistica. Questo rischio è ancora più presente laddove questa informazione è inserita in una cornice di analfabetismo funzionale e mancanza di una tradizione consolidata di science for people writers, di scrittori che scrivono scienza per il pubblico laico. Il sonno della ragione genera mostri (Cit.). In questo caso la fine del discernimento sulla miriade di informazioni ambientali circolanti avrà l’effetto di un eco-silenziatore?

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