Verso l’assemblea di Rimini: Paola Bolaffio

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On Ottobre 25, 2013, Posted by , In L'assemblea di Rimini 2013, By , With No Comments

Quando, un anno fa a Rimini, abbiamo deciso di dare concretezza giuridica alla diffusa e condivisa esigenza di creare una rete di media ambientali, non ero sicura che le adesioni sarebbero state tante e che la rete si sarebbe costruita sul serio.

È vero, i segnali c’erano. Già solamente per quegli incontri organizzati all’interno di Ecomondo su Web e Sostenibilità e per il labcamp di Ravenna2012, un mese prima, ci eravamo dati appuntamento in parecchi. Già per firmare gli ecotelegrammi alla politica in periodo elettorale e l’appello ai media prima di Rio+20 si era autocostituito un “cartello” gonfio di nomi di giornalisti, testate, blogger, comunicatori ambientali. Già da tempo, su facebook e su google+ si riuniva un numeroso gruppo di giornalisti e blogger per l’ambiente.

Già da anni, tanto per proseguire la lista dei segni premonitori, intorno a Giornalisti Nell’Erba si raccoglievano gli sforzi di molti. La “scusa”, per Giornalisti Nell’Erba, era quella di stare insieme in giuria e nell’elenco dei tutor per i giovanissimi “reporter” ambientali. Un modo informale per fare rete. Quell’elenco di tutor, nel quale ogni mese compaiono sempre più nomi di coloro che oggi e domani sono e saranno i soci di FIMA, è la bozza di un manifesto di volontà e coscienze, competenze e saperi, che si erano (e sono) messi a disposizione per aiutare le nuove generazioni a capire l’ambiente e a saperne parlare. Ora la rete c’è ufficialmente. E mi piacerebbe che quel manifesto servisse a FIMA per iniziare un cammino che è nel suo DNA: l’educazione, la formazione verso una corretta, efficace, sostenibile comunicazione e informazione ambientale.  Come dice il presidente Mario Salomone, “gli investimenti in educazione ambientale da un lato fanno risparmiare  perché aumentano l’adesione e la collaborazione dei cittadini alle norme ambientali, dall’altro lato stimolano l’innovazione e favoriscono lo sviluppo della green economy, perché accrescono la domanda di beni e servizi ecologici o biologici e creano il terreno favorevole alla transizione verso modelli di produzione e consumo sostenibili, quindi verso una migliore qualità della vita e un benessere “equo e sostenibile”. 

Leggo e sottoscrivo l’articolo 2 dello statuto di FIMA, quello sui princìpi:  “Il diritto di informarsi, inteso come diritto dal basso, che qualsiasi cittadino ha di accedere all’informazione ambientale; il diritto di essere informato, che presuppone, dall’alto, l’obbligo delle pubbliche autorità di cercare, raccogliere, conservare, diffondere in modo esaustivo, continuo, trasparente e tempestivo, rendere comprensibili e accessibili a tutti le informazioni, sia sullo stato dell’ambiente attuale, sia su quanto potrebbe in futuro influire su di esso, fornendo così anche il presupposto per processi decisionali inclusivi e forme partecipative di governance; il diritto di informare, cioè il diritto, orizzontale, dei cittadini di diffondere ad altri le informazioni ambientali”. Diritti che necessitano, per essere esercitati, di strumenti di comprensione, appropriazione, condivisione, comunicazione. Diritti che meritano un lavoro di squadra.

Il programma Educazione/Formazione di FIMA, a mio avviso, dovrebbe essere predisposto da un organismo/ufficio delegato che ne pianifichi in linea generale il programma anche in base alle sollecitazioni e alle necessità dei soci e degli operatori dell’informazione e della comunicazione (sia ambientale che non). Gli interventi dovrebbero essere diretti a varie tipologie di destinatari. Giovani e giovanissimi (è il campo d’azione che preferisco…), soci (può essere utile sia per aggiornamento che per formare in modo più completo le nuove leve), operatori dell’informazione e della comunicazione in genere, i lettori (si chiamano ancora così). E, come recentemente ha detto Salomone in una intervista, i politici.

FIMA può essere punto di riferimento anche per consulenze su questioni ambientali e scientifiche, figura di coordinamento, di raccolta di proposte che diano la possibilità agli operatori dell’informazione, ai giovani, ai lettori in genere e ai politici di appropriarsi degli strumenti idonei all’approccio, attivo e passivo, ad una comunicazione comprensibile e compresa, non “facilitata”, mainstream. Può essere punto di riferimento e consulenza, proprio perché costituita da tantissimi tra coloro che per professione raccontano l’ambiente, anche al fine di “costruire” in modo condiviso una lingua nuova ed efficace per comunicare “sostenibilmente”. Può sollecitare un più diffuso processo di attenzione all’ambiente e alla sua tutela, ed anche innescare un percorso di crescita del lettore affinché possa districarsi con maggiore equilibrio e sostenibilità nell’affollato e caotico pianeta dell’informazione nella società digitale.

Può offrire  elementi di conoscenza specifici e stimoli alla riflessione e formazione anche per i soci stessi, come dicevo prima, e per i colleghi “generalisti”. Il giornalismo, l’informazione, la comunicazione ambientale, ancor più di quella strettamente scientifica, soffrono nel nostro paese, lo sappiamo bene, di carenze in tema di formazione. Se si tolgono rari lodevoli esempi (mi viene in mente il corso Laura Conti, che però è di difficile accesso a chi lavora, per via della durata) e i più frequenti esempi di workshop e seminari a costi troppo pesanti e non solo in momenti di crisi, l’offerta formativa italiana non è grande né capillare sul territorio.

FIMA dunque potrebbe avere dunque la funzione di propositore di offerte formative dirette anche specificatamente ad operatori dell’informazione (tutti: i generalisti potrebbero essere interessati ad imparare) con moduli di varie dimensioni e tematiche con obiettivi che riguardano sia la sfera contenutistica del giornalismo scientifico e di quello ambientale, andando ad analizzare temi, settori, argomenti specifici, sia la sfera formale dell’informazione, approfondendo tecniche, strumenti, tecnologie, deontologia…  (data journalism, giornalismo investigativo, opportunità e accessibilità del web 2.0 ecc).  Le proposte formative potrebbero essere realizzate sia tramite convenzione, nel qual caso si dovrebbero forse operare delle selezioni qualitative che tengano conto di vari criteri (docenti, programmi, luoghi, prezzi, durate, tematiche, livelli ecc…), sia con organizzazione diretta, nel qual caso si dovrebbe poter contare innanzitutto su competenze e risorse dei soci, sia anche come aggregazione di offerte. Per meglio coinvolgere gli operatori dell’informazione “generalista” si potrebbe operare anche in partnership con l’Ordine nazionale e gli Ordini regionali dei Giornalisti, con la Federazione Nazionale della Stampa ed altri enti ed istituzioni di riferimento del mondo dell’informazione, a partire dal Festival internazionale del giornalismo che già ha tenuto a battesimo FIMA lo scorso aprile (e per la cui sopravvivenza FIMA dovrebbe dare, secondo me, il proprio ufficiale sostegno).

I vantaggi di un’azione condivisa e coordinata da FIMA sono tanti. Me ne vengono alcuni: la moltiplicazione esponenziale dei messaggi formativi per il conseguente coinvolgimento dell’intera rete dei media “soci”, la costituzione, nel tempo e con il contributo di tutti, di una banca dati immensa di materiale per l’educazione e la formazione, la creazione di un incubatore di talenti nell’informazione e comunicazione ambientale, la condivisione di idee, di risorse e strumenti formativi ed educativi…  Partendo dall’elenco di disponibilità nella funzione di tutor, si può arrivare a mettere in piedi un “corpo docenti” e consulenti numerosissimo e di altissimo livello, elastico e cangiante a seconda delle necessità (sia tematiche che di età/livello d’apprendimento previsto, di timing per corsi e workshop, località geografiche, destinatari ecc).

Un anno fa, come dicevo all’inizio, non ero affatto sicura che saremmo riusciti a tornare a Rimini per un evento come l’assemblea nazionale di FIMA. Pensavo che la frammentazione, la distanza, la concorrenza, la diffidenza, le differenze di ogni genere (anche sui principi: sull’ambiente le filosofie sono infinite) e soprattutto il tanto, troppo daffare di ciascuno di noi, potevano essere ragioni più che sufficienti per un possibile fallimento prima ancora di iniziare. Non è stato così. Abbiamo discusso, organizzato, pensato,  diramato notizie della rete alla rete e fuori dalla rete. Ci siamo incontrati, abbiamo messo insieme idee e competenze. Non abbiamo ancora litigato, ma abbiamo tempo… Forse non è abbastanza, ma è molto di più di quanto pensassi un anno fa. Abbiamo cominciato a fare, insieme. Quindi si può. Conto su ciascuno di noi per far crescere FIMA come merita.

Paola Bolaffio, direttrice di Giornalisti nell’Erba

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