
Benvenuta, FIMA. Perché vai in controtendenza. In un paese che sta diventando, per parafrasare Antonio Gramsci, un’enorme frammentazione culturale, qualcosa che si riunisce – qualcosa che unisce – è manna che viene dal cielo. Tanto più se questo collante è costituito di pasta ambientale, che a sua volta è la pasta che connette l’intera umanità e l’intera biosfera.
Cosa mi aspetto da FIMA? Semplice, che aiuti a soddisfare la crescente domanda di “cittadinanza scientifica” o, se volete, di “cittadinanza cognitiva”. La nuova domanda di diritti di cittadinanza che informa di sé la società della conoscenza. Una domanda di partecipazione che aspetta risposte in almeno cinque dimensioni, peraltro interconnesse. Risposte che anche noi, attori della comunicazione ambientale, siamo chiamati a fornire.
1) La dimensione culturale: di accesso all’informazione e alla conoscenza. In particolare di accesso all’informazione che riguarda l’ambiente, come è stabilito peraltro nella Convenzione di Aarhus.
2) La dimensione sociale: la conoscenza e il sistema di informazione non devono essere a vantaggio di questo o di quello, ma dell’intera umanità. L’indicazione valeva per Francis Bacon nel XVII secolo, vale tanto più oggi nella società della conoscenza che ha infranto molte delle sue promesse e ancora attende di diventare democratica. Non devono creare disuguaglianza, ma integrazione. Non devono creare nuove divisioni, ma nuova solidarietà.
3) La dimensione politica: la conoscenza e l’informazione diffuse devono servire anche ad accrescere la possibilità di tutti i cittadini di compartecipare alle scelte del governo della polis, in primo luogo alle scelte che riguardano l’ambiente in cui viviamo.
4) La dimensione economia. La conoscenza e l’informazione diffuse devono contribuire a rifondare le basi dell’economia, con quattro obiettivi: invertire la tendenza all’aumento delle disuguaglianze sociali; creare nuovo lavoro per i giovani; porre fine al modello di “crescita senza sviluppo”: proporre, per dirla con Herman Daly, un modello di “sviluppo senza crescita”.
5) La dimensione ecologica: la conoscenza e l’informazione diffuse devono aiutarci a stabilire un nuovo patto con l’ambiente nel quale viviamo. Fondato su quello che i Greci chiamavano eudemonia, ovvero sulla confluenza, come sosteneva Socrate, di virtù (anche ambientale) e conoscenza.
Vaste programme, dirà qualcuno. Non al di fuori della nostra portata, però, se le domande di “cittadinanza scientifica” o di “cittadinanza cognitiva” vengono intese come indicazione di percorsi e non come traguardi da raggiungere in poco tempo.
La Federazione Italiana dei Media Ambientali può dare una spinta decisiva a intraprendere questi percorsi se nell’informazione che darà saprà unire passione, rispetto e rigore e se si porrà l’obiettivo di costruire un futuro desiderabile: più sostenibile e (quindi) più democratico.